Nelle sue opere i colori incontrano la sua sensibilità e bellezza: Amanda si fonde con la pittura, creando delle emozioni da guardare e reinterpretare, ascoltandoci autenticamente.
Nella mia arte non c’è una risposta giusta né una sbagliata. La vera potenza risiede nei colori. Da artista penso che ogni colore abbia la sua fondamentale importanza: l’impatto che viene scaturito con le sensazioni di chi guarda è arte stessa. Il mio lavoro si basa maggiormente sulle emozioni, sensazioni che i colori riescono a suscitare. Spesso le persone, guardando le mie creazioni, sono curiose di sapere e conoscerne il significato. La mia risposta è che l’opera rappresenta ciò che essi vedono o sentono guardandola. Ognuno di noi vive nella propria diversità, quello che personalmente mi interessa di più come artista è l’incontro di quest’ultima con i miei colori. Il significato perciò diventa soggettivo. Ecco perché non esiste risposta giusta o sbagliata. L’obiettivo del mio lavoro è suscitare emozioni, non ne esistono di sbagliate, ogni interpretazione è corretta.
Abbiamo perso l’importanza della sensibilità. Mi rendo conto che oggi siamo abituati al hic et nunc impellente e ci siamo dimenticanti che l’arte è tempo e ha bisogno di tempo, per essere creata e soprattutto per essere apprezzata. Un quadro o una scultura hanno bisogno che lo spettatore ci si fermi davanti per più di 15 secondi e questo presuppone uno sforzo in più. Mi piacerebbe fare un appello, prefissiamoci di ricordare a noi stessi la sensibilità e la bellezza.

Sono nata in mezzo all’arte. Sia mio nonno paterno che materno, anche se in modo diverso, dipingevano per il piacere di farlo. Sono cresciuta quindi in stanze piene di colori, spesso molto vivaci e violenti che, inevitabilmente, mi hanno segnata. Ho iniziato a prendere i pennelli quando avevo poco più di 9 anni, diventando subito una pratica per rappresentare le mie emozioni. Un’altra forte influenza l’hanno giocata i musei a cui andavo almeno una volta a settimana. All’epoca mi sembrava una tortura infinita, (soprattutto per i miei piedi!) ma in fin dei conti quelle grosse sale piene di bellezza luccicante mi affascinavano. La passione per l’arte era condivisa anche dall’entourage che mi circondava: credo di aver capito di voler diventare un’artista grazie ad una amica di mia madre. Lei creava e crea tuttora dei quadri meravigliosi. Ecco, entrare nel suo studio quella volta fu per me catartico. L’odore delle resine, la polvere, i pavimenti macchiati dai colori e soprattutto i quadri imballati come se fossero stati dei tesori antichi: tutto questo mi ha lasciato qualcosa dentro che ho ritrovato nella pittura.
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Cosa mi ispira? La vita. Soprattutto la sofferenza. Per la maggior parte mia. Il processo creativo viene da sé. Tendo a dipingere a parete, anche se ultimamente mi sento più a mio agio per terra. Questo perché quando dipingo sento che sono finalmente sola con me stessa, riesco ad entrare fisicamente nella tela. L’esperienza pittorica coincide e si mischia con quella sensoriale, accentuata anche dal fatto che spesso utilizzo parti del corpo per dipingere.

Non credo esista altro più autentico delle emozioni. L’autenticità è la chiave per fare questo lavoro (non dimentichiamoci che è un lavoro come gli altri). Se non sei vero, reale, autentico, perdi di credibilità. La cosa fondamentale è mettere sé stessi in quello che si fa. Spesso non è semplice perché presuppone consapevolezza, ma la sincerità paga e questa è la cosa più importante.