L’essere umano, bambino o adulto, è in grado di essere creativo solo quando gioca. Nel gioco esplora tutta la sua personalità, non solo la parte più nevrotica. Nel gioco esplora le sue risorse, trova soluzioni ai problemi.
Nell’essere creativo scopre se stesso per quello che è veramente, nella sua totale autenticità.
Il gioco ha una serietà profonda. Quando il bambino gioca sa di potersi lasciare andare, di potersi fidare dell’adulto che predispone lo spazio per il gioco. E’ quella sensazione di fiducia che proviamo da piccoli a farci sentire al sicuro da grandi. Il bambino si perde in quello spazio, dove porta il corpo, le emozioni e, dopo i 6 anni, i pensieri, la progettualità del gioco.
Potrei parlare ore del gioco, a partire dal gioco spontaneo, per poi passare al gioco simbolico, ma andiamo per passi.
Non tutti i bambini possono giocare: ci sono circostanze nella vita che fanno si che il bambino non possa fare il bambino. Da quando ci siamo avvicinati all’adozione sono ancora più sensibile al tema e noto come molti adulti, anche se non hanno vissuto traumi grandi, non riescono ad essere creativi proprio perché da bambini non hanno giocato.
Il bambino si esprime con il gioco, non con il linguaggio. Proietta negli oggetti i personaggi del suo mondo interno e mette in scena i suoi meccanismi di difesa.
Il gioco è il luogo di esperienza della realtà, lo spazio in cui si svolgono i contatti tra l’interno e l’esterno. Il luogo in cui facciamo le prove, ci alleniamo, ci prepariamo alla vita.
Quando l’esperienza del gioco è mancata nell’età pre scolare e scolare, l’adulto fa fatica a provare piacere nel gioco, fa fatica a lasciarsi andare, ad immaginare. Fa fatica perché non ne ha fatto esperienza nei primi 7 anni di vita, quindi non sa proprio come si fa.
Avrà altre qualità, avrà compensato con competenze di vario tipo, ma quando cerca la propria autenticità e la creatività incontra un sentiero difficile.
Il gioco è un come se, proprio come la metafora.
Prova a pensare al potere che ha la metafora: ri-descrive l’esperienza e riorganizza la realtà. Il come se messo in atto nel gioco, ci sospende per un attimo dall’ordinario e ci fa vedere la realtà con altri occhi.
Quindi chi non ha giocato da bambino può scordarsi di essere creativo?
Possiamo recuperare quell’esperienza, quel luogo sicuro.
In studio metto a disposizione delle persone un certo numero di oggetti: palloncini, palloni, corde, cuscini, scatole di legno contenenti vari tipi di colori, pennelli, vari tipi di fogli di carta e materiale manipolabile.
Online chiedo al primo incontro di procurarsi del materiale di gioco.
Il materiale di gioco ci aiuta a stabilire una relazione con noi stessi, permette una mediazione. Mezzi di scambio, di aggressione o di seduzione, oggetti di desiderio che si caricano di valenza affettiva. Al significato materiale si sostituisce il significato immaginario. E’ così che una relazione iniziata sotto forma ludica può sfociare in una rivelazione importante, carica di emozioni e sensazioni.
Quando in figura emergono parti non ancora integrate, parti che non vengono inizialmente riconosciute come proprie, allora gli oggetti, i disegni, le rappresentazioni ci vengono in aiuto.
Quando ci permettiamo di entrare nel gioco, è più facile proiettare la parte non integrata su di un oggetto esterno, proprio come fanno i bambini con i loro giochi. Gli oggetti possono sopportare tutte le proiezioni, non li facciamo soffrire come invece accade quando ci scarichiamo su altri esseri umani.
Capisci ora perché è importante saper giocare?