Cosa significa progettare?

Sin dai primissimi anni in azienda ho sempre lavorato a “progetti speciali”, percorsi nuovi, senza procedure, da inventare. Grazie alla mappa caratteriale dell’Enneagramma, ho scoperto che progettare è il mio tratto nevrotico più marcato.

In senso ampio, progettare significa fermarsi, comprendere dove si è, chi si è, cosa si sta facendo, per poi capire come andare avanti, cosa poter fare. Capire quali possibilità abbiano senso per noi, in quale direzione sia significativo procedere, per quello che siamo, per quello che siamo stati e che potremmo essere.

Questo processo accade a livello individuale, collettivo, aziendale, scolastico…

Progettare vuol dire “prendersi in mano”, dare un senso alla propria esistenza, dare una direzione alle nostre azioni.

Se desidero scalare una montagna, come prima cosa devo verificare le mie condizioni fisiche – ovvero le risorse. Poi serve preparazione e allenamento: muscoli, respiro, resistenza, gestione delle emozioni. Se so che il mio limite grosso è la paura, magari mi iscrivo ad un corso, mi informo sull’ambiente, cerco una guida di cui possa fidarmi. La mappa non è il territorio, ma studiando un po’ prima di partire posso preparare meglio il mio zaino no? Quando decido di partire entro nell’ottica che forse non tutto andrà come ho programmato e immaginato, quindi mi assumo il rischio. Le condizioni climatiche possono cambiare, i sentieri potrebbero essere scivolosi. Ogni ostacolo può farci intravedere orizzonti diversi o condurci a soste da cui è difficile ripartire. Ad ogni tappa mi fermo, valuto come sta procedendo: forse mi serve più acqua? C’è vento, quindi meglio ripararsi con una giacca? Riuscire a valutare ogni step e adattarsi all’ambiente ci permette di avere più possibilità di arrivare in vetta.

Progettare significa allora mettersi su una strada non lineare, intraprendere un percorso non garantito, proporsi una meta sensata e possibile, certo, ma sapendo che, dietro l’angolo, potrà cambiare, perché se ne prospetterà un’altra o perché saremo costretti a fermarci. L’unica cosa che sicuramente possiamo fare è essere consapevoli della strada che abbiamo fatto, ricordarci ogni passaggio, averne presente il senso.

La progettazione quindi parte dalla lettura dell’esperienza.

Diamo un senso alle nostre azioni future a partire da una chiara lettura del momento presente, tenendo in considerazione l’esperienza del passato.

Spesso e volentieri lavoro con persone che mi chiedono aiuto nel concretizzare il loro progetto, la loro idea.

Partiamo sempre dalla rappresentazione della realtà utilizzando pupazzetti vari che ci aiutano a vedere le cose come stanno, osserviamo la situazione al momento presente.

Come sono arrivato qui? Cosa mi lega al passato?

Quali sono le mie relazioni al momento presente?

Solo dopo il bagno di realtà passiamo ad immaginare cosa vorremmo per il futuro.

Cosa ha senso per me?

Rappresentiamo la realtà desiderata e la osserviamo.

Una volta chiaro lo stato attuale e lo stato desiderato – l’obiettivo, passiamo alla pianificazione.

Di quali risorse ho bisogno?

Di quanto tempo?

Quali azioni devo mettere in pratica per raggiungere il mio obiettivo?

Il mio progetto è sostenibile per me, per gli altri e per l’ambiente?

Ho gli strumenti necessari o devo approfondire e studiare per colmare le mie lacune?

Quando decidiamo di partire con un progetto è importante restare aperti, non tutto quello che immaginiamo accade. Avere la capacità di fermarsi ad ogni step, osservare e modificare le nostre azioni in base al contesto è fondamentale. Agilità e resilienza sono davvero importanti in azienda, a scuola e nella vita!

Progettare vuol dire ideare qualcosa studiando i modi di attuarlo; pianificare.

In azienda, ad esempio, il project leader pianifica le tappe del progetto per raggiungere la mission aziendale:

  • definisce gli obiettivi;
  • sceglie una strategia;
  • definisce le tappe intermedie;
  • monitora, controlla e modifica in corso d’opera dove necessario.

Qualsiasi compito può essere trasformato in un progetto.

Negli anni in cui non ero consapevole dei tratti nevrotici, progettare era un’ottima via di fuga dal momento presente, producevo mille idee e non sempre le portavo a termine. Oggi mi interessa molto la cultura del progetto, e spero presto di condividere con voi qualche spunto, vi interessa?

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